mercoledì 22 agosto 2007

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Quando mi sono trasferita in questa città ho lasciato tutte le mie bellissime amicizie giù, nel bel Sud e qui ho imparato a frequentare gli amici del carceriere. Sono persone alla Briatore, fatte di una buona dose di superficialità, di apparenza, di supponenza e di moneta da sfoggiare a ogni costo per sentirsi realizzate. Dagospia li definirebbe amici cafonal-trash. Io li definisco degni simpatizzanti del carceriere. Purtroppo, solo oggi, risvegliata dal mio torpore sentimentale, vedo tutto questo. Prima tutto ciò che lo circondava e tutto ciò che egli era, rasentava la perfezione.

Più probabilmente, però, ero io a ritenermi talmente imperfetta interiormente, da vedere perfetto tutto quello che non avesse a che fare con me. Ora sono cresciuta, ho preso consapevolezza di me anche grazie a questa convivenza diventata forzata e mi rendo conto di valere, di essere, di poter cambiare tutto quello che non mi fa stare bene. Devo solo capire come. Ho l’arma della lentezza e della pazienza da dover affilare, perché se volessi fare le cose di fretta mi ritroverei a faccia in giù in chissà quale angolo di mondo, senza arte né parte.

Ho deciso che devo girare, devo sconfinare dalla mia città nelle ore in cui sono sola ma non posso farlo con la mia auto, perché so che c’è un contachilometri che mi spia; quindi ieri sono andata a comprarmi dieci biglietti dell’autobus e mi muoverò con quello per almeno 15 km. Poi metterò tutto nelle mani del destino. Sarà come una piccola prova d’indipendenza e so che mi divertirò, perché io mi illumino delle piccole cose grazie, come la chiama il carceriere, alla mia mente troppo semplice. Sì, è vero, ho pensieri e desideri semplici e ne sono contenta, perché io questo mondo di filosofi, di psicologi, di menti illustri, di acculturati, di contorsionisti di concetti, non lo sopporto, come non sopporto le persone che sottolineano la loro bontà definendosi altruiste e caritatevoli. Ho paura di questa gente. Sinceramente mi fa paura: non ci condividerei nemmeno un bicchier d’acqua. Ecco a cosa mi serve l’indipendenza: a non condividere nulla con questi briatorini.

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