venerdì 17 agosto 2007

In riva al fiume

Ieri sera mi sono guardata allo specchio e mi sono vista pallida e smagrita, nonostante il mare vissuto da poco, nonostante due settimane di pieno riposo. Mi sento stanca dentro, mi sento divorata dal compromesso, incapace di prendere una decisione chiara e coraggiosa a quasi 30 anni. Vorrei averne 10 di meno per poter giustificare la mia situazione. Invece no, ne ho 29 e, tra le mie mani, ho solo un blando e codardo progetto di fuga. A dire il vero non potrei fare altro, perché il mio carceriere sembra essere un discendente di Robespierre e della sua politica del terrore e se io sfoderassi il mio coraggio sfacciato mi farebbe fare la fine della valorosa Olympe de Gouges. Ci scommetterei qualunque cosa e vincerei.

Io, però, non voglio morire per la libertà e per i miei diritti. No, io voglio vivermi la libertà. Io voglio conquistare nuovamente ogni pezzettino della mia essenza, senza sguainare armi, anche perché non ho armi o armature da indossare.

Ho spalancato tutte le finestre: oggi, qui, non si respira. E’ afa pura. La pelle sembra ungersi, al minimo movimento; respiro come se avessi la testa dentro un sacchetto di plastica, le palpebre sono così pesanti da far sembrare un sasso leggero come una farfalla. Bevo succhi di frutta e acqua con la pigrizia di chi non ha voglia di fare nulla e mi immagino d’essere tra le rive di qualche fiume, con i piedi dentro l’acqua che corre via e la testa tra l’erba a guardare le nuvole che si muovono, formando forme splendide, in onore della mia fantasia. Vorrei essere lì per prendere il terriccio tra le dita e sentirne l’odore forte e verace. Desidererei starmene lì tutto il giorno e tutta la notte, senza paure, senza l’ansia dei rumori e dei silenzi, senza l’angoscia del presente e l’inaffidabilità del futuro. Bramerei essere mia, lì e così, senza trucchi, senza maschere, senza sorrisi sforzati, padrona di niente e di tutto, dei miei respiri e dei miei sonni, della mia fame e della mia inappetenza, della mia sessualità e della mia frigidità. Vorrei essere, in riva a quel fiume, come mi capita d’essere e se mi capita d’essere: buona e cattiva, pulita e macchiata, zuccherata e salata, nera e bianca, senza bisogno di vie di mezzo e di giustificazioni.

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