mercoledì 15 agosto 2007

Darmela a gambe

Ecco, Ferragosto è qui. Il mio carceriere se la dorme beato con il lenzuolo fino all’ombelico e con la soddisfazione stampata sul viso, mentre io sono qui a cercare di smaltire la stanchezza da insonnia. Ho dormito poco e male come capita spesso negli ultimi tempi: mi giro e mi rigiro, attenta a non toccare il carceriere per paura di svegliarlo, con mille pensieri che dondolano in testa, tra una tempia e l’altra. A volte, come stanotte, ho paura che la mia testa scoppi come un palloncino gonfio, rincorso e assaltato da un gatto con le unghie affilate.

Apro e chiudo le porte con estrema attenzione tanto da assomigliare, sempre più, a un equilibrista da circo con l’ovatta sotto i piedi: ho imparato a muovermi con un silenzio così calcolato da riuscire anche a respirare a comando e con lentezza. Se continuerò a migliorare, molto presto, potrò diventare una ladra d’appartamenti, magari un’ Eva Kant senza Diabolik, o forse sì. Preparo il caffè a fiamma bassa e alzo le tapparelle della cucina a singhiozzo, un pezzettino per volta, perché il can che dorme voglio che dorma: più dorme e più sono libera, nonostante queste attenzioni da dover prendere che –debbo ammetterlo!- mi soffocano, ma preferisco soffocare nel mio alito mattutino, piuttosto che respirare la sua aria. Il sole filtra tra i piccoli buchi delle serrande e io mi filtro nel sole, liberandomi dalla tremenda nottata. Tutto tace. Tutto dorme. Tutto è fermo, nell’apparenza del momento. Non si muove nemmeno una mosca, se ce n’è una, qui in giro. Ci sono solo le mie dita sulla tastiera che sentono il bisogno, collegate con la mia mente, di descrivere il mio mattino. Mi improvviso scribacchina e questo, per me, è già un traguardo, uno di quei piccoli traguardi nelle piccole cose, perché i miei giorni sono piccoli come le briciole del pane. Non ambisco al molto e questo perché sono anni, oramai, che la mia anima e la mia mente si sono nanizzate. Mi basta una taglia xxs per ogni cosa, anche per le emozioni belle e brutte. L’unica cosa che si è ingrandito a dismisura è il mio desiderio di vita soggettiva.

Mi piace il profumo del caffé, mi piace berlo bollente e amaro, trattenendolo un po’ nel retrolingua , affinché mi resti, a lungo, il fastidio dell’amarognolo. Mi sento donna, così. L’amaro mi fa donna anche se sono, a tutti gli effetti, una piccola immatura che amerebbe darsela a gambe.

2 commenti:

nottetempo ha detto...

Ciao. Anche io mi sento "nanizzato" e non capisco cosa sarebbe piu' giusto: cercare di plasmare la realta' per darsi piu' respiro emotivo o liberarsi da tutto questo e rincorrere qualcosa(cosa?) che ci realizzi rischiando tutto. A parte l'emotivita' trovo il pezzo veramente bello.
N.

mirilù ha detto...

Io credo nelle terze possibilità, però devo ancora comprendere quali esse siano.
Grazie, anche i tuoi pezzi sono molto belli.